Opera
Iudice Giovanni, La Cucina - Mia madre_53, 1993, drawing, 34 × 22 cm
Iudice Giovanni, La Cucina - Mia madre_53, 1993, drawing, 34 × 22 cm
Iudice Giovanni, La Cucina - Mia madre_53, 1993, drawing, 34 × 22 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, La Cucina - Mia madre_53, 1993, drawing, 34 × 22 cm
Iudice Giovanni, Figure sulla spiaggia_2, 1993, disegno, 32.5 × 42.5 cm
Iudice Giovanni, Figure sulla spiaggia_2, 1993, disegno, 32.5 × 42.5 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Figure sulla spiaggia_2, 1993, disegno, 32.5 × 42.5 cm
Iudice Giovanni, Rossana_4, 1993, disegno, 25 × 37 cm
Iudice Giovanni, Rossana_4, 1993, disegno, 25 × 37 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Rossana_4, 1993, disegno, 25 × 37 cm
Iudice Giovanni, Gli Amanti_49, 1995, Grafite su carta di cui uno tecnica mista, 24.5 × 51 cm
Iudice Giovanni, Gli Amanti_49, 1995, Grafite su carta di cui uno tecnica mista, 24.5 × 51 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Gli Amanti_49, 1995, Grafite su carta di cui uno tecnica mista, 24.5 × 51 cm
Iudice Giovanni, Interno con Francesco_6, 1996, disegno a matita su carta, 30 × 23 cm
Iudice Giovanni, Interno con Francesco_6, 1996, disegno a matita su carta, 30 × 23 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Interno con Francesco_6, 1996, disegno a matita su carta, 30 × 23 cm
Iudice Giovanni, Nudo nell'orto_50, 1997, Olio su legno, 26.5 × 40 cm
Iudice Giovanni, Nudo nell'orto_50, 1997, Olio su legno, 26.5 × 40 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Nudo nell'orto_50, 1997, Olio su legno, 26.5 × 40 cm
Iudice Giovanni, Figure a Punta Bianca _3, 1998, disegno, 30 × 44 cm
Iudice Giovanni, Figure a Punta Bianca _3, 1998, disegno, 30 × 44 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Figure a Punta Bianca _3, 1998, disegno, 30 × 44 cm
Iudice Giovanni, Cava Paradiso_11, 1999, olio su tela, 46 × 60 cm
Iudice Giovanni, Cava Paradiso_11, 1999, olio su tela, 46 × 60 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Cava Paradiso_11, 1999, olio su tela, 46 × 60 cm
Iudice Giovanni, Giardino_19, 1999, matita su carta, 21 × 31 cm
Iudice Giovanni, Giardino_19, 1999, matita su carta, 21 × 31 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Giardino_19, 1999, matita su carta, 21 × 31 cm
Iudice Giovanni, Silvana che dorme_12, 1999, matita su carta, 17 × 15.4 cm
Iudice Giovanni, Silvana che dorme_12, 1999, matita su carta, 17 × 15.4 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Silvana che dorme_12, 1999, matita su carta, 17 × 15.4 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia e roccia_32, 1999, matita su cartone, 23.5 × 58 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia e roccia_32, 1999, matita su cartone, 23.5 × 58 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia e roccia_32, 1999, matita su cartone, 23.5 × 58 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia_31, 1999, matita su cartoncino, 16.8 × 38 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia_31, 1999, matita su cartoncino, 16.8 × 38 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia_31, 1999, matita su cartoncino, 16.8 × 38 cm
Iudice Giovanni, Silvana nell'orto o Nudo_27, 2000, olio tavola, 41 × 53 cm
Iudice Giovanni, Silvana nell'orto o Nudo_27, 2000, olio tavola, 41 × 53 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Silvana nell'orto o Nudo_27, 2000, olio tavola, 41 × 53 cm
Iudice Giovanni, Via di Pachino_22, 2000, matita su cartone, 30.5 × 21 cm
Iudice Giovanni, Via di Pachino_22, 2000, matita su cartone, 30.5 × 21 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Via di Pachino_22, 2000, matita su cartone, 30.5 × 21 cm
Iudice Giovanni, Messina, Quartiere Giostra_23, 2001, olio su carta riportato su tavola, 18 × 28 cm
Iudice Giovanni, Messina, Quartiere Giostra_23, 2001, olio su carta riportato su tavola, 18 × 28 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Messina, Quartiere Giostra_23, 2001, olio su carta riportato su tavola, 18 × 28 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia "Figura sulla spiaggia"_15, 2001, olio su cartone applicato su tavola, 17 × 24 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia "Figura sulla spiaggia"_15, 2001, olio su cartone applicato su tavola, 17 × 24 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia "Figura sulla spiaggia"_15, 2001, olio su cartone applicato su tavola, 17 × 24 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia_33, 2001, matita su carta, 33 × 50.3 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia_33, 2001, matita su carta, 33 × 50.3 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia_33, 2001, matita su carta, 33 × 50.3 cm
Iudice Giovanni, Carla in ginocchio sul letto_7, 2002, olio su tela, 35 × 35 cm
Iudice Giovanni, Carla in ginocchio sul letto_7, 2002, olio su tela, 35 × 35 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Carla in ginocchio sul letto_7, 2002, olio su tela, 35 × 35 cm
Iudice Giovanni, Il mio primo disegno sui migranti in Sicilia_60, 2002, grafite e carboncino su carta, 29.5 × 64 cm
Iudice Giovanni, Il mio primo disegno sui migranti in Sicilia_60, 2002, grafite e carboncino su carta, 29.5 × 64 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Il mio primo disegno sui migranti in Sicilia_60, 2002, grafite e carboncino su carta, 29.5 × 64 cm
Iudice Giovanni, Interno con riflesso_9, 2002, olio su tavola, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Interno con riflesso_9, 2002, olio su tavola, 20 × 20 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Interno con riflesso_9, 2002, olio su tavola, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Figura distesa di spalle_14, 2002, drawing, 25 × 70 cm
Iudice Giovanni, Figura distesa di spalle_14, 2002, drawing, 25 × 70 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Figura distesa di spalle_14, 2002, drawing, 25 × 70 cm
Iudice Giovanni, Figura nel bagno (doccia Silvana)_10, 2003, olio su tavola, 41 × 51 cm
Iudice Giovanni, Figura nel bagno (doccia Silvana)_10, 2003, olio su tavola, 41 × 51 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Figura nel bagno (doccia Silvana)_10, 2003, olio su tavola, 41 × 51 cm
Iudice Giovanni, Finestra sul cortile_5, 2003, olio su tavola
Iudice Giovanni, Finestra sul cortile_5, 2003, olio su tavola
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Finestra sul cortile_5, 2003, olio su tavola
Iudice Giovanni, Nudo in ginocchio Carla_8, 2003, olio su tela riportata su tavola, 35 × 35 cm
Iudice Giovanni, Nudo in ginocchio Carla_8, 2003, olio su tela riportata su tavola, 35 × 35 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Nudo in ginocchio Carla_8, 2003, olio su tela riportata su tavola, 35 × 35 cm
Iudice Giovanni, Nudo seduto di fronte_17, 2003, olio su tela, 60 × 30 cm
Iudice Giovanni, Nudo seduto di fronte_17, 2003, olio su tela, 60 × 30 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Nudo seduto di fronte_17, 2003, olio su tela, 60 × 30 cm
Iudice Giovanni, Seduta sulla sedia (Carla)_27b, 2003, matita su carta, 100 × 70 cm
Iudice Giovanni, Seduta sulla sedia (Carla)_27b, 2003, matita su carta, 100 × 70 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Seduta sulla sedia (Carla)_27b, 2003, matita su carta, 100 × 70 cm
Iudice Giovanni, Clandestini_29, 2006-2007, tecnica mista su tavola, 44 × 3.5 × 57.5 cm
Iudice Giovanni, Clandestini_29, 2006-2007, tecnica mista su tavola, 44 × 3.5 × 57.5 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Clandestini_29, 2006-2007, tecnica mista su tavola, 44 × 3.5 × 57.5 cm
Iudice Giovanni, Senza titolo_39, 2008, olio su tavola, 175 × 180 cm
Iudice Giovanni, Senza titolo_39, 2008, olio su tavola, 175 × 180 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Senza titolo_39, 2008, olio su tavola, 175 × 180 cm
Iudice Giovanni, Carla (Piccolissimo)_36, 2010, olio su tavola, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Carla (Piccolissimo)_36, 2010, olio su tavola, 20 × 20 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Carla (Piccolissimo)_36, 2010, olio su tavola, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Senza titolo (Natura morta con piatto e osso)_38, 2010, matita su carta, 18 × 13 cm
Iudice Giovanni, Senza titolo (Natura morta con piatto e osso)_38, 2010, matita su carta, 18 × 13 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Senza titolo (Natura morta con piatto e osso)_38, 2010, matita su carta, 18 × 13 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia (Palermo)_35, 2010, matita su carta, 70 × 100 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia (Palermo)_35, 2010, matita su carta, 70 × 100 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia (Palermo)_35, 2010, matita su carta, 70 × 100 cm
Iudice Giovanni, Umanità_40, 2011, olio su tela, 235 × 4 × 290 cm
Iudice Giovanni, Umanità_40, 2011, olio su tela, 235 × 4 × 290 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Umanità_40, 2011, olio su tela, 235 × 4 × 290 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia (Donna in primo piano)_42, 2011, matita su carta, 40 × 52 cm
Iudice Giovanni, Spiaggia (Donna in primo piano)_42, 2011, matita su carta, 40 × 52 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Spiaggia (Donna in primo piano)_42, 2011, matita su carta, 40 × 52 cm
Iudice Giovanni, Nuvole a Venezia_1, 2012, olio su tela, 100 × 3.5 × 122 cm
Iudice Giovanni, Nuvole a Venezia_1, 2012, olio su tela, 100 × 3.5 × 122 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Nuvole a Venezia_1, 2012, olio su tela, 100 × 3.5 × 122 cm
Iudice Giovanni, Bagnanti e rocce_45, 2012, matita su carta, 38.5 × 40 cm
Iudice Giovanni, Bagnanti e rocce_45, 2012, matita su carta, 38.5 × 40 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Bagnanti e rocce_45, 2012, matita su carta, 38.5 × 40 cm
Iudice Giovanni, Donna che si spoglia_46, 2014, olio su tavola di legno, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Donna che si spoglia_46, 2014, olio su tavola di legno, 20 × 20 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Donna che si spoglia_46, 2014, olio su tavola di legno, 20 × 20 cm
Iudice Giovanni, Ultimo nudo_48, 2015, olio su tela, 49 × 49 cm
Iudice Giovanni, Ultimo nudo_48, 2015, olio su tela, 49 × 49 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Ultimo nudo_48, 2015, olio su tela, 49 × 49 cm
Iudice Giovanni, Ombrellone_51, 2016, Grafite su carta, 34 × 49.5 cm
Iudice Giovanni, Ombrellone_51, 2016, Grafite su carta, 34 × 49.5 cm
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Ombrellone_51, 2016, Grafite su carta, 34 × 49.5 cm
Iudice Giovanni, Asino 2018 d.C._59, 2018, trittico - olio su tela
Iudice Giovanni, Asino 2018 d.C._59, 2018, trittico - olio su tela
Giovanni Iudice è nato a Gela nel 1970 dove ancora oggi vive e Lavora. L'avvocato è sinceramente affascinato dall'opera dell'artista gelese e segue la sua attività da molto tempo, così come racconta in un'intervista: “Giovanni Iudice l'ho scoperto parecchi anni fa, in una piccola galleria alla Fiera di Bologna. Mi aveva colpito una sua spiaggia fatta a matita, con quella moltitudine di gente ammassata che cercava un po’ di vacanza. Si capiva benissimo che era una scena in qualche modo di povertà: era una spiaggia libera, non di quelle a pagamento, e ritraeva un'umanità che in quel luogo trovava il massimo del lusso che si poteva permettere. L'opera in questione era già stata venduta purtroppo, l'aveva comprata, mi ricordo, Lucio Dalla. Da quel momento ho cominciato a prendere contatto con Giovanni Iudice, l'ho cercato sugli elenchi telefonici e l'ho chiamato. Mi colpiva il suo rapporto con la storia dell'arte siciliana: io avevo nella testa le spiagge di Pirandello, con la loro carne ammassata, avevo in mente Guttuso, insomma un po' tutte queste figure degli anni trenta e, mi sembrava che Iudice, benchè assolutamente contemporaneo, le avesse un po’ dentro. Quasi tutte le sue opere le ho comprate io, lasciando al mercato poche cose. Forse per la prima volta c'è un'osmosi totale tra artista e collezionista, perché io non sono solo colui che gli compra le opere, sono quello con cui discute d'arte: se oggi abbia ancora un senso parlare di realismo, dopo tanti anni di figurazione. Mi parla dei suoi progetti futuri e il nostro dibattito è continuo. Iudice ha scelto sin dall'inizio una linea unica che poi non ha mai abbandonato: è la ricerca di un'umanità che vive in periferia, ai margini della società, dotata di una profonda integrità, assai lontana da quella che siamo abituati a vedere sulle pagine dei giornali o in televisione. Iudice scava nell'animo umano, questo è il valore aggiunto della sua pittura di cui mi sono innamorato. Io ricerco quel tipo di arte, è stato così per le opere degli anni trenta e continuo a farlo per l'arte contemporanea, quindi è normale che Giovanni ed io ci si sia incontrati. Quando Giovanni era ancora molto giovane, Fagiolo dell'Arco mi disse che nel disegno era arrivato a De Chirico. Credo che Fagiolo dicesse la pura verità, nel disegno è veramente il primo della classe; è uno strumento che usa senza pensare, come quando noi facciamo un movimento della mano istintivo, non pensiamo perché la mano è parte di noi, per lui la matita è parte del suo essere, non c'è filtro, mano e matita sono un tutt'uno”. Una passione incondizionata che spinge il collezionista a stare in guardia, ossessivamente, per la paura di perdere dei tasselli fondamentali per la sua collezione. La collezione Iannaccone comprende un gran numero di disegni a matita, dipinti ad olio raffiguranti modelle in interni domestici, spiagge e alcune tele incentrate sul tema dell’immigrazione che entra a far parte della poetica di Giovanni Iudice verso la metà degli anni duemila. Una realtà che viene scandagliata e visceralmente affrontata dall'artista sino ai giorni nostri. “Ho scelto di dipingere profughi, immigrati, clandestini per intima necessità, perché mi sono sentito in dovere di farlo. Credo che la figura del clandestino sia una delle icone più rappresentative del contemporaneo, il clandestino spera, immagina la terra promessa con la morte nel cuore per la patria che ha lasciato”. |
Iudice Giovanni, Asino 2018 d.C._59, 2018, trittico - olio su tela